STORIA

LA CAMPAGNA DI RUSSIA

L'argomento di storia che più mi ha appassionato quest'anno è stato la seconda guerra mondiale.
In particolare vorrei parlare della Campagna di Russia, perché su questa operazione ho sentito il racconto del mio nonno, che voglio condividere con voi.
Il 22 giugno 1941 la Germania invase l'Unione Sovietica: iniziò così l'operazione Barbarossa. Hitler voleva conquistare la Russia prima dell'inverno e le truppe tedesche avanzarono rapidamente. Il 10 luglio 1941 Mussolini inviò in Unione Sovietica 62 mila soldati. Poi, nel 1942, Hitler chiese al duce un ulteriore sostegno: vennero inviati altri soldati e si costituì l'Armir, l’Armata italiana in Russia. A quel punto, sul fronte sovietico c'erano circa 230 mila soldati italiani. Tra l'autunno del 1942 e l'inverno del 1943, le truppe italiane furono impegnate in furiose battaglie sul Don. Dopo la disfatta di Stalingrado, ebbe inizio una lunga e tragica ritirata nel gelido inverno russo. Molti soldati italiani morirono di stenti, di freddo e a causa delle ferite riportare; altri furono imprigionati nei gulag e in pochi fecero rientro in patria. Le cifre non sono certe, ma in Russia persero la vita circa 90 mila soldati italiani.

Cliccando su questo link, potete vedere un piccolo riassunto dell'operazione Barbarossa:

https://www.youtube.com/watch?time_continue=8&v=UOX1Ku7J5lw&feature=emb_logo


Il mio bisnonno ha partecipato alla campagna di Russia e fortunatamente è riuscito a tornare a casa. Ora vi racconterò la sua storia, così come mi è stata raccontata dal mio nonno Paolo.

Il mio bisnonno si chiamava Gino Bianchi e faceva parte del XXIV Gruppo/9° Raggruppamento artiglieria d'armata dell'ottava Armata Italiana in Russia, attivata il 9 luglio del 1942.













Nonno Gino partì per la Russia insieme al tenente Palazzo, il quale gli chiese di rimanere sempre accanto a lui, perché Gino era bravo a sparare e lo faceva sentire al sicuro. L’avanzata era terribile a causa del freddo intenso. I russi si ritiravano verso est bruciando tutti i villaggi, per non lasciare riparo e cibo ai nemici. Mentre avanzavano, le truppe italiane si accampavano di volta in volta in un villaggio diverso. In uno di questi paesi dove rimasero per molto tempo, nonno Gino conobbe una donna e la frequentò spesso. Organizzò anche un incontro fra un’amica di questa donna e il tenente Palazzo, che aveva difficoltà a trovare una ragazza, perché non era molto bello. Purtroppo il tenente Palazzo fu sfortunato anche in quella occasione e l'incontro organizzato da nonno Gino fu un fallimento. In quello stesso paese, nonno conobbe anche una ragazza di nome Emma, con cui strinse una semplice e bella amicizia. Emma aveva un cane che spesso abbaiava e disturbava il sonno del tenente Palazzo: per questo motivo, il tenente ordinò a nonno di ucciderlo. Nonno non voleva farlo, ma fu costretto a ubbidire all'ordine del suo superiore: così gli sparò da una distanza di 200 metri con il moschetto e lo colpì in modo che non si sapesse chi era stato. Emma, piangendo, chiese a nonno chi fosse stato ad uccidere il suo adorato cane. Nonno non le disse mai la verità, ma fu molto dispiaciuto nel vedere Emma così disperata. Quando le truppe ripartirono, nonno venne a sapere che la donna che frequentava in quel villaggio era rimasta incinta, ma in futuro non seppe più nulla di quel bambino. La guerra ormai era al culmine e il reggimento continuava ad avanzare passando da Kiev.

















Cartine geografiche originali di nonno Gino.


Il freddo si faceva sempre più intenso e l’avanzata era terribile e faticosa anche a causa delle trappole di filo spinato, messe dai russi, che si avvolgevano ai cingoli dei camion e dei carri armati. Queste trappole costringevano i soldati a fermarsi e a passare le notti al freddo per cercare di liberare i mezzi dal filo spinato. Una volta arrivati in un paese chiamato Kamenka, le truppe furono costrette a fermarsi a causa della neve troppo alta ed inoltre il cibo, l'acqua e la benzina erano finiti. Così rastrellarono il paese in cerca di rifornimenti e trovarono una cantina piena di bottiglie di cognac e vodka. Nonostante le raccomandazioni di nonno e del tenente di non bere troppo, i soldati si ubriacarono e si addormentarono sfiniti. Fu proprio in quella notte che scattò la controffensiva dei russi. Il cielo buio diventò bianco e rosso a causa delle cannonate e sembrava quasi giorno. I russi erano dotati di armi molto potenti, contro le quali niente poteva fare l’esercito italiano, colto nel sonno e stremato dalla fatica. Fu dato l’ordine di tornare indietro, ma in quella notte molti soldati addormentati, ubriachi e impotenti persero la vita. Nonno, il tenente e l’autista salirono sul camion per fuggire, ma l’autista non riusciva a trovare le chiavi che erano cadute nella neve. Disperati, si buttarono in mezzo alla neve alta un metro per cercarle e fortunatamente (quasi per miracolo) nonno se le ritrovò in mano. Durante la ritirata, trovarono un po’ di benzina nelle taniche abbandonate lungo la strada. Venne dato l’ordine di alleggerire il carico abbandonando le armi pesanti e distruggendole, per evitare di lasciarle ai russi. Quando fu ordinato ciò, nonno pensò che fosse davvero arrivata la fine. Molti scappavano a piedi, ma mio nonno, il tenente e l'autista fortunatamente avevano il camion. Durante la ritirata, insieme agli italiani c’erano i tedeschi, meglio equipaggiati e dotati di mezzi di trasporto più numerosi. I soldati italiani, che cercavano di aggrapparsi ai camion tedeschi, venivano colpiti sulle mani con la baionetta. Il camion del nonno si fermò vicino al confine con la Romania e loro furono costretti a continuare a piedi.

In quell'occasione nonno si avvicinò ad un gruppo di tedeschi che stavano mangiando, ma, invece di ricevere aiuto, fu buttato nella neve con un forte spintone. Nonno e il tenente Palazzo allora proseguirono a piedi nel freddo, mentre l'autista si perse nella neve e non ebbero più notizie di lui. Camminarono molto fino a quando trovarono un podere, dove una donna cucinava una zuppa di cavolo, l’unica cosa che aveva. Con grande generosità, la donna aiutò nonno e il tenente: li fece riscaldare, offrì loro la zuppa e regalò a nonno una bussola, indicandogli la direzione da seguire per raggiungere il paese dove avrebbero potuto prendere un treno per tornare in Italia. Fu la loro salvezza, visto che erano stremati, infreddoliti e affamati. Grazie alla bussola, riuscirono ad arrivare ad una stazione dove presero un treno merci diretto in Italia. Il viaggio durò sette giorni e sette notti, dal 20 al 26 marzo del 1943. Era grande la paura che il treno potesse essere fermato e che loro potessero cadere prigionieri. Invece furono assistiti anche in quella occasione dalla fortuna, o dal Signore, come dice sempre nonno nelle sue lettere. Infatti il treno li riportò in Italia. Nonno Gino ha lasciato quella bussola a nonno Paolo e ora lui l'ha regalata a me. 


Cliccando sul seguente link, potete vedere e ascoltare le mie fonti, che vi faranno fare un emozionante tuffo in un tempo passato. Scoprirete anche il finale della storia: è una sorpresa!

https://docs.google.com/presentation/d/19NRocGyQg-qnG8ac244-83AZSp3hjVYVnLDsug1vWfg/edit#slide=id.g87c9164648_0_0

La storia è veramente una materia interessante! 

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